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Tra Vision Zero e realtà: PNSS, introiti delle multe e sicurezza stradale.

VISION ZERO: origine e principi. Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS) 2030, ed il suo inspiegabile ritardo. L’uso dei ricavi delle multe per potenziare la sicurezza stradale. Ed infine, un consiglio per le istituzioni (ASL, INAIL, Province e Comuni, Forze dell’Ordine).



Premessa

Da sempre, per passione e per lavoro, studio il mondo dell’incidentalità stradale. Come consulente, sono ad esempio al momento impegnato nell’elaborazione e nel monitoraggio di Piani Urbani di Mobilità Sostenibile (PUMS) e nel portare avanti studi di sicurezza avanzati per le concessionarie autostradali. Lo vedete in diverse pagine di questo sito. Voglio qui però porre l’attenzione su questi elementi: il modello Vision Zero, il Piano Nazionale di Sicurezza Stradale (PNSS) e l’uso dei fondi derivanti dalla riscossione delle multe.

VISION ZERO: origine e principi

Ogni anno, a livello mondiale, si registrano circa 1,2 milioni di decessi a causa degli incidenti stradali. Dalla fine degli anni ’90 ha preso piede un approccio nuovo nel campo della sicurezza stradale, sostenuto dal movimento “Vision Zero”, secondo cui ogni incidente stradale grave è un evento prevenibile e che l’unico risultato accettabile sia la riduzione a zero delle vittime e dei feriti gravi. Questo concetto non è inedito; filosofie simili sono state adottate in vari ambiti della sicurezza, inclusi la sicurezza sul lavoro, la prevenzione incendi, l’aviazione, la prevenzione del suicidio, la sicurezza dei pazienti, il controllo delle infezioni e molti altri. Inoltre, l’obiettivo zero sta guadagnando popolarità anche nel settore ambientale e dello sviluppo sostenibile, con l’adozione di politiche volte a eliminare i rifiuti, le emissioni, le emissioni di carbonio e la povertà.

I critici argomentano che Vision Zero sia un approccio troppo rigido e, per questo, irrealistico. Tuttavia, l’esperienza sul campo ha ripetutamente dimostrato che adottare l’approccio Vision Zero può significativamente diminuire il numero di morti e feriti gravi. Non basta semplicemente stabilire Vision Zero come obiettivo; i suoi benefici si concretizzano quando l’approccio è implementato in modo sistematico e ogni incidente grave viene considerato come un fallimento che non deve ripetersi.

Ho ripreso tutto quanto sopra dalla premessa ad un ottimo e corposo manuale sul tema, che rappresenta la prima raccolta esaustiva di conoscenze ed esperienze relative a Vision Zero, con contributi di esperti internazionali provenienti da un’ampia varietà di discipline accademiche e specializzazioni nella gestione pratica della sicurezza. Per gli interessati, ecco il link al manuale “The VisionZero handbook” – Theory, Technology and Management for a Zero Casualty Policy (pdf), a cura di Karin Edvardsson Björnberg, Sven Ove Hansson, Matts-Åke Belin, Claes Tingvall.

Anche a livello europeo, negli ultimi anni, sono nate diverse iniziative che condividono l’approccio di Vision Zero. Cito, ad esempio, i programmi EuroRAP (European Road Assessment Programme) ed EuroNCAP (European New Car Assessment Programme), aventi lo scopo di sviluppare protocolli e linee guida per realizzare strade ed auto più sicure, e ridurre il rischio di incidenti.

In Italia, purtroppo, Vision Zero è ancora un concetto semi-sconosciuto. Tuttavia, vi è una crescente consapevolezza dell’importanza di un approccio sistemico per affrontare il problema dell’incidentalità stradale (almeno sulla carta), come sembra emergere dall’ultima edizione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS). Questo riconoscimento costituisce un passo avanti significativo, ma è solo l’inizio: serve un impegno concreto, professionale e finanziario, per tradurre queste intenzioni in azioni efficaci. E purtroppo, come sto per dirvi, l’impegno che si vede in Italia è piuttosto deludente.

Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS) 2030.

Visto quello che ci costano ogni anno gli incidenti, è evidente che investire nella riduzione del rischio stradale non è solo un intervento di buon senso ma è anche un investimento economico di notevole portata. Ovviamente, ridurre gli incidenti stradali non è una misura a costo zero. Vanno spesi soldi in interventi formativi, educativi, tecnologici ed infrastrutturali, ma sicuramente ne vale la pena, come dimostrano le esperienze dei Paesi europei che più di altri hanno investito negli scorsi anni in sicurezza stradale (e con ottimi risultati).

Vediamo le evoluzioni del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS), ricordando che si tratta di Piani che hanno tipicamente uno sviluppo di dieci anni. la prima edizione risale al decennio 2001-2010. Quel Piano è stato abbastanza efficace, anche se probabilmente avrebbe potuto essere molto più incisivo se non fossero stati eliminati strada facendo molti dei fondi ad esso destinati per indirizzarli verso spese di altro tipo (soprattutto a scopo di consenso elettorale). Il PNSS 2010-2020 è invece rimasto per anni in bozza, con anche una consultazione pubblica avviata (alla quale anche io avevo contribuito), ma incredibilmente non ha poi mai visto la luce, forse anche a causa della evoluzione politica particolarmente disordinata che ha caratterizzato quel decennio. E arriviamo quindi al nuovo PNSS.

Il Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030 (PNSS 2030) (qui il pdf) ha come obiettivo principale arrivare al 2030 con un numero di vittime e di feriti gravi in incidenti stradali dimezzato rispetto al 2019 (nell’ambito dell’obiettivo di lungo termine di azzerare al 2050 il numero di vittime e feriti gravi), e si basa su cinque pilastri principali:

  1. Gestione della sicurezza stradale
  2. Infrastrutture più sicure
  3. Veicoli più sicuri
  4. Comportamenti più sicuri
  5. Assistenza post-incidente

Per raggiungere questi obiettivi, il PNSS 2030 prevede un forte investimento nella cultura della sicurezza, a partire dalla scuola. Inoltre, il Piano identifica le categorie a maggior rischio e definisce linee strategiche generali per affrontare queste problematiche.

Cosa prevedeva il PNSS (e cosa è stato fatto?)

L’attuazione del PNSS 2030

Il PNSS 2030, al paragrafo 6.1 (pag. 133), riporta quanto segue.

L’attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale 2030 (PNSS 2030) seguirà una pianificazione articolata in tre fasi:

  1. Prima fase (quadriennale): dedicata all’avvio del Piano e alla realizzazione di interventi sistematici.
  2. Seconda fase (triennale): mirata al consolidamento degli interventi.
  3. Terza fase: di massimo regime di attuazione.

Al termine di ogni fase sarà effettuata una valutazione intermedia del Piano, con la prima prevista per il 2024, per garantire un adeguato orizzonte temporale per la pianificazione e attuazione degli interventi. In base a questo schema, sono previsti cinque programmi di attuazione per gli anni 2022, 2024, 2026, 2028 e 2030. La prima fase comprende i Programmi di attuazione 2022 e 2024, la seconda fase i Programmi 2026 e 2028, e la terza fase il Programma 2030.

All’inizio della prima fase si prevede di dare priorità alla realizzazione delle azioni propedeutiche per il corretto ed efficace avvio del Piano. In particolare, si prevede di attivare e realizzare le seguenti azioni:

  1. Predisposizione del Primo Programma di attuazione del Piano.
  2. Rafforzamento della governance della sicurezza stradale secondo le strategie proposte per il Pilastro 1: Gestione della sicurezza stradale.
  3. Definizione del sistema di monitoraggio del Piano con predisposizione di procedure e strumenti a supporto dell’attuazione e gestione (piattaforma informatizzata per la raccolta dati).
  4. Avvio di campagne di comunicazione e enforcement.
  5. Istituzione e avvio dei Centri di Monitoraggio Regionali, laddove non ancora operativi.
  6. Formazione del personale delle Regioni e degli Enti Locali sulle modalità gestionali e attuative del Piano.
  7. Definizione delle metodologie per l’individuazione degli interventi da realizzare sul territorio.

Il Ministero intende concentrare l’attuazione di queste misure nei primi due anni della prima fase, per poi passare alla fase realizzativa degli interventi di sicurezza stradale.

Più in dettaglio, nei primi sei mesi del 2022 il Piano prevede:

  • La preparazione del Primo Programma di attuazione del Piano.
  • La definizione del sistema di monitoraggio del Piano.
  • L’istituzione e la prima riunione del “Comitato per l’indirizzo e il coordinamento delle attività connesse alla sicurezza stradale”.
  • L’istituzione dell’Osservatorio Nazionale per la Sicurezza Stradale per promuovere le azioni del Piano.
  • La definizione e l’avvio della raccolta dati per il calcolo degli indicatori di prestazione della sicurezza stradale (Key Performance Indicators – KPI).
  • Iniziative di sensibilizzazione e coinvolgimento del territorio a scala regionale e locale per fornire adeguata informazione preventiva sulle strategie e modalità attuative del Piano.
  • La costituzione e l’avvio di un gruppo di lavoro coordinato dal MIMS per definire collegamenti diretti e aggiornati con altri database, sia nazionali che internazionali.
  • La progettazione del Centro Nazionale di Ricerca sulla Sicurezza Stradale all’interno del CISMI.

Cosa è stato fatto ad oggi? Ben poco, a quanto risulta dalle fonti ufficiali.

Per usare un eufemismo, al Ministero sono un po’ in ritardo… e questo si riflette anche sul numero delle vittime, che non cala come invece era previsto dal PNSS (che per il 2024 aveva l’obiettivo di non superare i 2.452 morti, obiettivo ben lontano visto che i numeri del 2023 ci dicono che siamo ancora sopra i 3.000 morti…). La tabella seguente è tratta dal PNSS (pag. 60).

E ora, parliamo anche delle multe.

L’uso dei ricavi delle multe per potenziare la sicurezza stradale.

Segnalo in proposito questo articolo di Sicurauto.it, che fornisce un’analisi su come vengono spesi gli incassi derivati dalle multe stradali in Italia, basata su un’indagine condotta da ASAPS e Associazione Lorenzo Guarnieri Onlus. Ecco i punti chiave evidenziati nell’articolo:

  1. Destinazione Legale degli Incassi: Per legge, gran parte degli incassi delle multe stradali dovrebbe essere destinata a progetti finalizzati alla sicurezza stradale.
  2. Risultati dell’Indagine: L’indagine ha analizzato l’impiego dei ricavi delle sanzioni al Codice della Strada nelle 14 principali città italiane con popolazione superiore ai 200.000 abitanti per gli anni 2021 e 2022. Per il 2022, sono stati destinati 310 milioni di euro a 530 progetti, di cui 226 milioni già realizzati secondo le dichiarazioni dei Comuni.
  3. Spesa Effettiva:
  • Solo una minima parte degli incassi viene destinata all’educazione stradale (82.501 euro, pari allo 0,027% delle somme complessivamente destinate) e alla formazione della Polizia Municipale (18.494 euro, pari allo 0,006% del totale destinato).
  • La maggior parte degli incassi viene spesa per la manutenzione delle strade e l’illuminazione pubblica, nonostante il 95% degli incidenti gravi sia attribuito al comportamento umano e non allo stato delle infrastrutture. Peraltro, il tragico incidente di Agrigento nel 2013, che ha portato alla condanna di due funzionari comunali per mancata manutenzione stradale, evidenzia l’importanza di una gestione efficace delle infrastrutture (e strumenti come un catasto strade digitale possono supportare i Comuni nel monitoraggio e nella pianificazione degli interventi, anche con risorse limitate).
  • Altre spese significative includono 288.836 euro per l’acquisto di armi, armeria e lezioni di tiro, e 26 milioni di euro per fondi di previdenza del personale, con 9,6 milioni effettivamente spesi.

La conclusione dell’articolo, che condivido, è critica sulla distribuzione di questi fondi, suggerendo che una maggiore enfasi dovrebbe essere posta sull’educazione e la formazione stradale per affrontare le cause principali degli incidenti stradali.

Infine, un consiglio per le Istituzioni.

Un consiglio per le Istituzioni.

Occorre conoscere a fondo il fenomeno del rischio stradale per indirizzare verso misure preventive sia le istituzioni che i privati, condividendo le informazioni in proprio possesso. Dal momento che le risorse sono spesso scarse, è fondamentale trovare le priorità di intervento e dedicare le risorse (umane, economiche e strumentali) per azioni preventive efficaci. Ecco alcuni spunti, derivanti da un confronto con Michele Montresor, tecnico della prevenzione della ATS Val Padana:

  • ASL: sono molto interessanti le esperienze come quelle dei Piani Mirati di Prevenzione (PMP) vissute nel territorio di Monza-Brianza. L’adozione di strategie concordate con le parti sociali sulla base delle risultanze delle osservazioni condotte sui report infortunistici stradali ed in itinere può favorire comportamenti virtuosi delle aziende che partecipano a tali Piani. Inoltre, è utile iniziare ad indagare alcuni eventi infortunistici gravi (sia stradali che in itinere) con analisi che consentano di individuare anche le cause di natura organizzativa, per indagare su fenomeni al momento poco noti. E condividere poi i risultati di tali indagini sul territorio, almeno su scala regionale.
  • Province e Comuni: occorre lavorare sulla geolocalizzazione degli eventi, attività che favorisce l’individuazione di “punti neri” (black point) su cui effettuare approfondimenti sulle cause incidentali e, se dimostrata l’incidenza dell’assetto viario, l’adozione di interventi mirati volti a ridurre i fattori di rischio. Tale analisi potrebbe anche favorire la partecipazione della Regione di appartenenza agli interventi da adottare, basati sulla “evidence-based prevention”.
  • INAIL: sulla base delle evidenze scientifiche dei determinanti incidentali potrebbe sviluppare programmi di comunicazione efficace (es. cortometraggi dedicati alla modifica del comportamento umano e della loro modificazione) da rendere disponibili per la formazione di tutti i lavoratori. Sarebbe inoltre molto utile potenziare l’area premiale sulla sicurezza stradale nei bandi ISI e nei moduli OT23.
  • Forze dell’Ordine: dagli studi sono emerse forti criticità in campo agricolo, con numerosi casi di ribaltamento dei trattori. La vigilanza attiva sull’uso delle cinture di sicurezza (e quindi sullo stato del sedile) almeno sulle strade pubbliche, ridurrebbe la forbice comportamentale dei conducenti di tali mezzi, forse anche in campo aperto. Altra attività utile è la presenza delle Forze dell’Ordine all’interno delle scuole con specifici programmi di formazione, accompagnati da personale del pronto soccorso, cosa che rafforzerebbe la base culturale e di consapevolezza di chi poi successivamente si appresterà a prendere la patente.

Conclusioni

Investire nella sicurezza stradale non è solo una questione di rispetto della vita e della salute umane. È anche una scelta strategica e finanziaria. Il costo sociale degli incidenti stradali è enorme: esso comprende non solo i costi diretti derivanti da danni alle persone e ai beni, ma anche quelli indiretti, come i costi sanitari, le perdite di produttività, i costi di assistenza e riabilitazione, e il dolore e la sofferenza delle vittime e dei loro cari. Un investimento adeguato in prevenzione può ridurre in modo significativo questo onere per la società.

Gli incidenti stradali rappresentano una delle principali cause di morte nel mondo, in particolare tra i giovani. Tuttavia, nonostante la gravità del problema, la risposta a livello politico ed amministrativo è spesso insufficiente. La filosofia Vision Zero offre una guida preziosa per affrontare efficacemente il problema. Per farlo, è necessario agire con determinazione e tempestività, fissando obiettivi chiari e misurabili a breve termine.

Spero che i responsabili delle decisioni, sia in Italia che nel resto del mondo, affrontino questa sfida con onestà, competenza e senso di responsabilità. Più di quanto abbiano fatto finora.